La zootecnia umbra tra vecchi problemi e nuove opportunità

Al seminario Cipaat-Cia confronto serrato tra allevatori, tecnici ed esperti

Le problematiche degli allevatori umbri e le opportunità della Pac, del Psr 2014-2020 e del Piano zootecnico sono state l'oggetto dell'incontro che si è svolto sabato 31 gennaio a Foligno, presso la Vetrina delle Esposizioni Tipiche di Sant'Eraclio. L'iniziativa, molto partecipata, è stata promossa dal Cipaat, ente di emanazione della Cia Umbria, nell'ambito delle attività finanziate dalla Misura 111 del Psr 2007-2013 ed ha visto gli interventi di esperti, tecnici, allevatori e operatori dei vari comparti zootecnici della regione. Un interessante confronto, infatti, si è sviluppato tra Mirco Biocchetti, delegato dal presidente di Cia Umbria Domenico Brugnoni, il responsabile del Dipartimento economico della Cia nazionale, Pino Cornacchia e Mariano Pauselli dell'Università degli Studi di Perugia. "Quello che chiediamo per il settore della zootecnia – hanno ribadito molti degli intervenuti – sono regole certe, semplici, stabili e di lungo periodo, per garantire alle imprese l'opportunità di continuare a produrre e, soprattutto, di poter pianificare. I dati dell'ultimo Censimento dell'Agricoltura, infatti, hanno fotografato una situazione di difficoltà per la zootecnia in Umbria con un calo sensibile degli allevamenti di bovini ( - 24,5 per cento) ed una riduzione più contenuta (di circa il 4 per cento) del numero dei capi rispetto al Censimento precedente. Ancora più allarmante la situazione del comparto suinicolo dove risultano superstiti 759 aziende che allevano 180.832 capi, con una diminuzione regionale accertata degli allevamenti pari all' 89,8 per cento, mentre i capi si sono ridotti del 24,3 per cento. Inoltre, a fronte di un mercato che ha ridotto notevolmente i margini di guadagno degli allevatori, sono aumentati vertiginosamente i costi di produzione (mangimi ed energia alle stelle) e gli oneri finanziari e burocratici per adeguamenti sanitari, ambientali ed urbanistici. Pertanto gli allevatori intervenuti a Foligno hanno chiesto innanzitutto un piano strategico di lunga durata e poi norme, anche in un quadro di sostenibilità ambientale, che permettano agli imprenditori di fare i loro investimenti e raggiungere i loro obiettivi. "La posizione di Cia Umbria – ha dichiarato Biocchetti - è di grande attenzione riguardo al settore zootecnico, un patrimonio per la società civile, che sta subendo diverse pressioni a livello economico e normativo. È opportuno essere vigili rispetto alle dinamiche e alle regole che lo riguardano. Per questo chiediamo alla Regione semplificazione normativa e certezza per le aziende zootecniche che vogliono continuare a produrre e investire. E' necessario, inoltre, dare attuazione al Piano zootecnico con la prossima programmazione regionale per lo sviluppo rurale 2014-2020 e definire una normativa che garantisca di poter mantenere o incrementare gli allevamenti." Per Ezio Palini, coordinatore del Gie Zootecnico della Cia dell'Umbria, "occorre avere un'attenzione particolare anche per le strutture di trasformazione esistenti nella regione, come il moderno centro di sezionamento del mattatoio di Foligno che dovrebbe essere messo a disposizione di tutti gli allevatori umbri, anche di quelli che praticano la vendita diretta." Secondo Nicola Schiena, imprenditore agricolo ed allevatore di cavalli, "devono essere considerate attività agricole anche i centri di produzione di seme equino e i centri di addestramento dei cavalli giovani. Essi trasformano e commercializzano il prodotto grezzo agricolo. A queste attività va applicata la fiscalità agricola così come per il pensionamento delle fattrici e dei puledri, essendo un servizio dell'agricoltura fornito agli imprenditori o ad altri utenti, così come avviene per l'agriturismo. Pertanto, le pensioni costituiscono un reddito agrario e non un reddito di impresa."
Nel corso del seminario sono state sollevate anche altre problematiche per le quali si chiedono risposte, come: la non competitività dell'Umbria per costi di produzione più alti, rispetto ad altre regioni italiane, dovuti anche ai problemi logistici per l'approvvigionamento delle materie prime; lo smaltimento dei reflui e del digestato che, con la modifica in atto a livello nazionale della normativa, potrebbero diventare, secondo la Cia, una risorsa anche attraverso la loro utilizzazione in agricoltura come ammendante. "Il Piano zootecnico – ha sottolineato il direttore della Cia Umbria, Catia Mariani, dovrebbe ora far cogliere tutte le opportunità in termini di finanziamento alle aziende per rendere il settore più moderno e competitivo, garantendo che la carne degli allevamenti umbri tutta di qualità, tracciata e in molti casi IGP e certificata, possa trovare sbocchi di commercializzazione stabili sui mercati regionali e nazionali. L'attenzione dei consumatori per la qualità delle carni – ha proseguito - è dimostrata anche dal continuo incremento dei capi allevati certificati appartenenti all'Igp "Vitellone bianco dell'Appennino Centrale" che, pur in un momento di difficoltà economica per le famiglie, sono passati da 6.793 del 2002 a 20.180 del 2013 con un ulteriore aumento nel 2014. Da oggi, pertanto, inizia un seconda fase di vera partecipazione e protagonismo degli allevatori - ha continuato il direttore regionale - per cogliere tutte le opportunità dagli obiettivi della nuova programmazione attraverso le tante misure previste (trasferimento delle conoscenze e l'innovazione, competitività dell'agricoltura, organizzazione della filiera e gestione del rischio, conservazione e la valorizzazione dell'agro-ambiente, efficienza delle risorse e sviluppo di una economia a basse emissioni di gas serra, inclusione sociale, riduzione della povertà e sviluppo nelle aree rurali), una vera sfida per il mondo produttivo degli allevatori umbri. L'obiettivo è quello di affermare che in Umbria si può e si deve continuare ad allevare bovini, cavalli, suini, ovicaprini, avicoli e api perché le aziende zootecniche non rappresentano solo un grande valore economico-produttivo, ma anche sociale, ambientale, culturale. Le straordinarie peculiarità paesaggistiche, – ha concluso il direttore regionale della Cia - del territorio e dello spazio rurale dell'Umbria "Cuore verde d'Italia" hanno bisogno delle imprese agricole che allevano per essere mantenute presidiate, promosse".

Perugia, 2 febbraio 2015

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