Allevamenti ovini dell'Umbria in ginocchio: capre e agnelli senza pascoli invernali per il cambiamento climatico

Costretti ad acquistare foraggio e mangimi a prezzi inaccessibili: a rischio l'intera campagna latte.

Il Presidente Cia Umbria Bartolini: "Servono adeguati strumenti nella nuova Programmazione Comunitaria"

Perugia – Capre, pecore e agnelli senza pascoli e senza latte. L'SOS alla Cia-Agricoltori Italiani dell'Umbria arriva questa volta dagli allevatori di ovini razza sarda, costretti ad affrontare la stagione invernale in arrivo al limite delle loro risorse, sia dal punto di vista ambientale che economico. Le problematiche del settore dovute al cambiamento climatico in atto sono sempre più invalidanti e, nello specifico, sono state causate dal periodo di siccità prolungata della scorsa estate e dall'autunno appena trascorso.

Nell'allevamento ovino razza sarda, la produzione di latte viene stimolata dal pascolo su erbai freschi, e non con foraggi secchi come accade con altre razze. Per avere pascolo tutto l'anno, gli allevatori seminano in primavera erbai poliennali - erba medica, trifoglio e violetto - e tra il mese di agosto e la prima settimana di settembre gli erbai annuali, principalmente trifoglio incarnato. Le prime piogge e le temperature miti favoriscono lo sviluppo dell'impianto, così da poter portare le pecore al pascolo alla fine dell'autunno, in inverno e in primavera.

Quest'anno, però, nonostante le semine siano state fatte nei periodi indicati, la siccità ha fatto mancare i pascoli estivi: trifoglio e violetto sono stati completamente seccati anche su impianti ben radicati da più di un anno. Mentre i pascoli invernali, che hanno iniziato a germogliare dopo la metà di ottobre per il ritardo delle prime piogge, sono fermi alle prime foglioline. Lo sviluppo di queste aree è ormai compromesso per le temperature non più miti e le giornate corte: si dovrà attendere il mese di aprile per un ritorno a pascoli abbondanti, se il clima lo permetterà.

A fronte di questa condizione devastante di inadeguata nutrizione degli animali, che come Cia sentiamo il dovere di segnalare, le conseguenze a livello economico pesano non poco. Gli allevamenti, infatti, vengono sostenuti soltanto da scorte aziendali, ovvero dall'acquisto di materie prime e mangimi. Il risultato è una scorta di foraggio più che dimezzata, che quasi certamente non basterà a superare l'inverno. Ci sembra corretto, inoltre, lanciare l'allarme sulla carenza di foraggio che si registra in tutto il territorio nazionale, e che costringe gli allevatori a sopportare costi inaccessibili per reperire i mangimi, visto l'aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime.
"La cosa più preoccupante oggi, - racconta Francesco Marceddu, allevatore Cia Umbria - dopo la vendita delle prime partite di agnelli, è che le pecore in mungitura stanno andando in 'asciutta' per mancanza di erba fresca, nonostante si stanno governando a costi elevati, compromettendo così l'intera campagna latte, che va da novembre a luglio prossimo".
Non da ultimo, ad aggravare la situazione già drammatica, dobbiamo ancora una volta segnalare i gravi danni causati dai cinghiali sui pochi erbai invernali rimasti, nonostante siano aperte le battute di caccia.
"Il climate change sta sacrificando il benessere animale, - dichiara il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini - che si traduce in una minore permanenza di animali allo stato brado. La carenza di erbai freschi riduce la sostenibilità economica degli allevatori, costretti ad acquistare materie prime non più disponibili nel pascolo. La situazione sta degenerando e si ripercuote inevitabilmente anche sulla qualità del prodotto finale. Anche per questo, come Cia chiediamo a voce alta nuovi e più adeguati strumenti nella nuova programmazione comunitaria per rispondere a queste difficoltà".

Per interviste e approfondimenti:
Emanuela De Pinto
Ufficio Stampa Cia Umbria
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Tel. 340.9200423

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